Messaggio dell’Arcivescovo mons. Santo Marcianò, per la Pasqua 2009




Soffrire per il Suo Nome
Carissimi fratelli e sorelle,
l’esperienza dell’Apostolo Paolo, che ci sta accompagnando in questo anno a lui dedicato, ci introduce nel Triduo Pasquale, centro della nostra fede, nel quale celebriamo la Passione, morte e Risurrezione di Cristo nostro Signore.
«E io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome» (At 9,16).
Il Signore, apparendo ad Ananìa, presenta così Paolo: egli è colui che dovrà portare il Nome di Cristo alle genti; ma, per quel Nome, Paolo dovrà soffrire!
La sofferenza di Paolo è il segno, la conferma, il sigillo della veridicità della sua conversione. È il segno che Cristo non è più un estraneo da perseguitare, ma è veramente diventato la sua vita. Egli soffre per il Nome di Cristo perché ha preso il nome di Cristo: “cristiano”, appunto.
E noi? Non siamo forse “cristiani” anche noi?
Sì: ed è per questo che dobbiamo imparare a soffrire per il Nome di Cristo, quel nome che portiamo.
Dobbiamo imparare a soffrire da cristiani ma anche a soffrire per come il Nome di Cristo, dei cristiani, della Chiesa Sposa di Cristo viene trattato, offeso, disprezzato, perseguitato; e dobbiamo soffrire se non sappiamo farlo. Dobbiamo convertirci ad una nuova sofferenza, così come Paolo iniziò a soffrire per quel Nome che egli stesso perseguitava, perseguitando il nome dei cristiani.
Qualche settimana fa, il Papa ha voluto scrivere una lettera a noi Vescovi e, dunque, a tutta la Chiesa. Lo ha fatto per chiarire alcune sue decisioni, circa la remissione della scomunica ad alcuni vescovi seguaci di Mons. Lefebrve, che avevano ingenerato pesanti critiche e contestazioni nella comunità cristiana. Lo ha fatto, soprattutto, per ribadire il valore profondo e necessario della comunione nella Chiesa, per «contribuire alla pace nella Chiesa».
Dalle parole di quella lettera trapela una grande sofferenza: quella di constatare che «anche oggi, nella Chiesa», esiste un modo di “mordere e divorare” che è «espressione di una libertà mal interpretata»; e, naturalmente, la discordia dei credenti, «la loro contrapposizione interna mette in dubbio la credibilità del loro parlare di Dio».
Il Nome di Dio è l’Amore. E soffrire per il Suo Nome significa soffrire per l’amore.
Sì, dovremmo soffrire ogni volta che il Nome di Dio - l’Amore - non è amato, così come dovremmo soffrire ogni volta che l’amore e la comunione non sono costruiti, che l’unità della Chiesa è attaccata dall’esterno e lacerata dall’interno.
Dovremmo imparare a soffrire se la Chiesa è ferita nei suoi Pastori, così come nelle sue membra più piccole, povere, abbandonate… Dovremmo soffrire nel Nome e per il Nome di Gesù, soffrire per amore a Lui e alla Sua Chiesa. E questa sofferenza è feconda di vita: vince la morte, vince il peccato, perché ogni peccato non è che mancanza d’amore.
Anche Cristo ha sofferto, e ha sofferto per il nostro nome: per il mio, per il tuo… Ha sofferto perché il peccato aveva violato, svuotato, sfigurato il nome innocente della creatura umana. Anche Cristo ha sofferto per amore, perché anche il nome dell’uomo, come quello di Dio, è l’amore.
Cristo ha sofferto: e, da allora, nessuno deve avere più paura di pronunciare il nome dell’uomo. Egli è morto: e il nostro nome ha ripreso vita con Lui e grazie a Lui. Dalla Sua Croce, il nome dell’amore è tornato nel mondo.
Tra poco entreremo nel mistero della Pasqua: nella solennità dei riti, nel buio della sofferenza, nella luce della Vita nuova. Entreremo, in fondo, nel Mistero del nostro Battesimo, che ci ha immersi nelle morte di Cristo e ci ha fatti rivivere nella Sua Risurrezione.
Il Battesimo, se ci pensiamo bene, ci ha dato un “nome”! Quel nome per il quale Egli ha sofferto.
Che il Signore ci doni, in questa Santa Pasqua, la gioia intima di riscoprire la bellezza del nostro nome di “cristiani” e la forza feconda di saper soffrire, portandolo nella carne e nello spirito. Che ci doni di imparare a soffrire per amore della Chiesa, per amore dei Suoi pastori: per amore dell’unità e della comunione. Che ci doni di comprendere che l’Amore è davvero il nome nuovo dell’uomo e del cristiano: quel Nome per il quale soffrire, per il quale morire, per il quale vivere.
Così sia! E Buona Pasqua
Santo Marcianò

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