IL TIFOSO INTERISTA CHE HA ACCOLTELLATO A MORTE EDMONDO BELLAN A TORINO AL TERMINE DELLA FINALE DI CHAMPIONS LEAGUE E’ DI CARIATI SI TRATTA DI ROCCO ACRI - HA CONFESSATO AL MAGISTRATO






Cariati - Pasquale Loiacono- L’interista sessantenne Rocco Acri, che la notte tra sabato e domenica ha ucciso a Torino lo juventino Edmondo Ballan (63 anni), è di Cariati.
Era emigrato da giovane a Torino, ove vive anche il fratello Antonio, e si era dato subito da fare nel campo del commercio aprendo da ultimo in Pub in Via Medici che aveva ceduto qualche anno fa.
Una famiglia di piccoli imprenditori perché la moglie, da cui è separato, ha un negozio all’interno di un ipermercato, in corso Mortara, e i figli nei dintorni di corso Lecce, proprio dove c’è il bar di Emanuele Romeo, luogo della tragedia.
Insomma, gente, senza problemi economici.
Rocco Acri, che si definisce “pensionato”, abita in un palazzo d’epoca di via Cibrario, all’85. Portone d’acciaio, senza ascensore. Sulla cassetta della posta ci sono i nomi suoi e della moglie. Sembra un copione già scritto, un luogo comune: “Il signor Rocco? La persona più tranquilla e disponibile del mondo - dice la sua vicina, scendendo le scale con il figlioletto - l’ho visto giovedì pomeriggio, stava dando la vernice alla porta di casa, mi ha aiutato a passare. Due battute al volo, come sempre. Ho sentito in tv la notizia del delitto, mai più pensavo che potesse essere lui, l’assassino. Sarà stato un incidente”.
I parenti di Rocco raccontano che egli “non frequentava assiduamente quel bar di corso Lecce. Probabilmente era solo la seconda volta che ci andava. E tutta quella storia del calcio... Ogni tanto lui guardava la partita la domenica, ma non andava mai allo stadio. Era distante da tutto quel mondo. Anche noi siamo stupiti come lui di quello che è successo. È una persona pacata".
Acri ha confessato al sostituto procuratore Marco Sanini di avere accoltellato a morte Edmondo Bellan la sera della finale di Champions League tra Inter e Bayern Monaco.
Ed è proprio la partita (pochi giocatori italiani in nerazzurro e la maglietta "provocatoria" di Materazzi) che avrebbe innescato la discussione tra i due.
"Quando sono andato via quell'uomo era in piedi. Aveva un braccio ferito, questo sì, ma era vivo. Poi io ho salutato una persona dicendogli che ci saremmo visti il giorno dopo e sono andato via a piedi, verso casa mia. Non immaginavo che quell'uomo sarebbe morto. Sono sconvolto, davvero. E dispiaciuto".
L'interrogatorio di Acri è durato poco meno di due ore: "Tutto è successo alla fine della gara, vista in tranquillità. A un certo punto un signore che non avevo mai visto prima inizia una discussione. Non con me, con il titolare del locale. Io me ne stavo andando via ma quell'uomo lo stava strattonando, allora sono intervenuto per difendere il barista perché ha già una certa età ed è malato. Quando mi sono avvicinato quel signore mi ha messo una mano addosso per allontanarmi. Gli ho detto di stare tranquillo e invece lui mi ha tirato un pugno sul labbro superiore”.
Ma proprio sul marciapiede, come racconta Acri, avviene il secondo atto della lite: "Credo che quell'uomo sia uscito da una porta sul retro, ma è sbucato in strada e me lo sono trovato di nuovo vicino. Veniva verso di me, agitava le braccia. Mi sono spaventato e ho preso un coltello che avevo in tasca".
È l'arma del delitto. "È un coltello che tengo in un giaccone senza maniche che metto quando vado in campagna. Me lo sono messo anche per andare al bar e così quando ho messo le mani in tasca l'ho trovato e l'ho aperto. Ma non volevo uccidere nessuno, sventagliavo la lama a destra e sinistra per tenere lontano quell'uomo, invece lui continuava ad avvicinarsi. Urlava frasi concitate, io non sento tanto bene e mi sono spaventato. L'ho preso ad un braccio. Ma mai avrei immaginato di averlo ucciso. A casa sono rimasto ancora un po' sveglio e sono andato a dormire. Non ho detto nemmeno nulla alla mia compagna, perché per me era stata una lite banale. Adesso sembra brutto dirlo ma non potevo immaginare che finisse così".
Rocco Acri solo negli due o tre anni, da quando aveva smesso la sua attività lavorativa, tornava regolarmente in estate, per brevissimo tempo, al suo paese d’origine ove ha solo qualche nipote.
Chi lo conosce lo rammenta come persona tranquilla, a parte un piccolo guaio con la giustizia per un reato contro il patrimonio risalente agli anni settanta.



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