IL PREFETTO REPPUCCI DOPO L’INCONTRO CON I SINDACI HA PROMESSO CHE RIFERIRA’ AL GOVERNATORE – IL POPOLO DEL BASSO IONIO E DI TUTTO L’INTERLAND E’ INDIGNATO - SE NIENTE MUTERA’ LA SITUAZIONE POTREBBE PRECIPITARE CON INIZIATIVE PESANTI






CARIATI – Pasquale Loiacono - Continua la mobilitazione del Basso Jonio a tutela dell’ospedale “riconvertito”, come dice il governatore della Calabria, ma di fatto “chiuso”, a parere dei sindaci del comprensorio e dei cittadini.
Ora, non vorremmo che il dilemma si esaurisse in una mera disquisizione linguistica: “riconvertire” (verbo mutuato dalla realtà industriale) significa “adattare a nuova produzione”; “chiudere”, invece, in questo caso sta per “dismettere”, “cessare”.
Ma i verbi (potenza del lessico) si prestano a diverse interpretazioni: si può “riconvertire” e, quindi, “adattare”, in senso migliorativo o squalificante, mentre se si “chiude”, si termina un’attività e basta.
Certamente si può pure giocare sulle parole, ma i fatti dicono che quaggiù la tensione è alle stelle, tanto che il Prefetto della provincia di Cosenza, Antonio Reppucci, assai responsabilmente, ha pensato bene di fare visita oggi, nonostante la giornata festiva, ai sindaci “ribelli”.
Un vertice a porte chiuse a Palazzo Venneri, sede della municipalità cariatese, al quale hanno partecipato tutti i primi cittadini del Basso Jonio.
Il Prefetto ha preso nota delle puntuali e rigorose ricostruzioni dei recenti accadimenti che ciascuno ha esposto e, garantito che recapiterà le istanze al presidente Scopelliti, ha invitato a tutelare l’ordine pubblico e la sicurezza, evitando toni esasperati che generano risposte altrettanto piccanti e producono una spirale d’incomprensioni e veleni senza fine tra istituzioni.
Cataldo Perri, vice sindaco di Cariati, ci fa il resoconto della riunione domenicale: “Abbiamo manifestato come questo Piano preveda un abbattimento drammatico dei posti letto nella Sibaritide rispetto a tutte le altre aree della Calabria. C’è grande preoccupazione nella gente che, in tutta evidenza, si sente presa in giro. La battaglia di questa popolazione andarà avanti, e se noi, amministratori locali, non riusciremo a dare loro delle risposte concrete, sarà portata fino alle estreme conseguenze alle quali, ovviamente, nessuno vorrebbe approdare”.
Insomma, è necessario “cambiare questo Piano, senza rincorrere privilegi, ma con la garanzia di un ospedale che non ha mai confezionato casi di malasanità”.
Se nulla dovesse mutare, “i sindaci sono intenzionati a consegnare le fasce tricolori al Prefetto ed a rinunciare al loro mandato”.
I sindaci hanno informato Antonio Reppucci di quanto notoriamente successo nella sede della giunta regionale, a Catanzaro, il 16 settembre: “Siamo stati offesi oltre ogni limite da un collaboratore di Scopelliti che aveva anzitempo abbandonato il tavolo delle trattative. Ad una reazione scomposta abbiamo reagito con dignità, senza violenza, contrariamente a quanto riferito dai comunicati stampa della regione che hanno trovato ampia eco sui media regionali e nazionali i quali ci hanno dipinti alla stregua dei teppisti. Nessun giornale ha riportato la nostra verità con lo stesso rilievo. Eppure si tratta della parola di 15 sindaci, 15 rappresentanti delle istituzioni, fino a prova del contrario”.
Cariati, ricorda Perri, è stato il primo Comune della Calabria ad aderire alla giornata anti ‘ndrangheta organizzata dal “Quotidiano” a Reggio Calabria: “Qui non abbiamo cliniche private da difendere, nessun interesse personale da perorare. Stiamo semplicemente tutelando un diritto costituzionale di cui abbiamo investito il Garante della Carta, il Presidente della Repubblica”.
Boicottati?
“Abbiamo i cittadini dalla nostra parte; oltre 80 mila persone che saranno private di cure ed assistenza, in una zona priva di strade decenti; senza altri servizi degni di una società civile. Scopelliti venga a farsi un giro da noi. Scoprirà un’altra Calabria: quella degli ultimi fra gli ultimi”.



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