Immigrati: Processo per direttissima per cinque profughi 4 saranno rimpatriati e uno è stato tratto in arresto
I minori sono stati trasferiti in un centro di accoglienza di Acri, in attesa di ulteriori riscontri
CARIATI – Per i 28 extracomunitari (fra cui 19 minorenni accertati) sbarcati mercoledì scorso sulla costa cariatese, in località San Leo, sono ancora in corso meticolosi accertamenti.
Da quanto abbiamo potuto apprendere, per 5 di essi sono scattati gli arresti per avere reso (4 di loro) false dichiarazioni, mentre un altro deve rispondere di favoreggiamento di immigrazione clandestina, previsto dalla Legge 94 del 15 luglio 2009.
Per questi ultimi è previsto un rito speciale caratterizzato da inusitata velocità che grava sugli uffici giudiziari notoriamente afflitti da carichi di lavoro insostenibili e con organici non in grado sopportare nuovi aggravi se non a prezzo di ulteriori lungaggini.
Ma tant’è, ed ecco che ieri pomeriggio il Tribunale di Rossano ha provveduto a giudicare per direttissima i disperati: dei 4 egiziani rei di false dichiarazioni (difesi dagli avvocati Rosa Valente, Ivan Nicoletti e Francesco Formichelli) 3 sono stati condannati a 5 mesi e 10 giorni di reclusione e saranno immediatamente rimpatriati; uno e stato rimesso in libertà.
Per l’accusato di favoreggiamento, invece, il gip Letizia Benigno, dopo l’interrogatorio di garanzia, ha convalidato l’arresto, disponendone la custodia in carcere.
Accertata la nazionalità egiziana, tranne due disperati libici, i minori sono stati trasferiti in un centro di accoglienza di Acri, in attesa di ulteriori riscontri che difficilmente potranno provenire dalla madre patria.
Le indagini, condotte col consueto scrupolo dalla Capitaneria di porto di Corigliano, coordinata dal comandante Massimo Seno, e dalla Guardia costiera cariatese (guidata da Antonio Paparo) non escludono alcuna ipotesi.
Intanto, nell’area antistante la costa cariatese, sono state effettuate ricerche sottomarine ed aeree per l’eventuale individuazione di altre presenze umane che, fortunatamente hanno dato esito negativo, ma non è escluso il ricorso ad altri è più avanzati sistema di osservazione.
In effetti, il “naufragio” degli egiziani mostra dei particolari che non sono sfuggiti agli investigatori.
In primo luogo la barca (posta sotto sequestro) con la quale si sono arenati in San Leo: priva di remi e di motore appare assai probabile che essa sia stata trascinata a riva dalla corrente per una distanza assai breve.
Il presupposto, qualora venisse incontrovertibilmente accertato, avvalora la tesi della presenza di una vera e propria imbarcazione di passabili dimensioni che avrebbe rialito lo Jonio cosentino calando in mare, per chissà quante volte, barconi colmi di immigrati.
D’altra parte, precise indiscrezioni che abbiamo raccolto riferiscono di una “barca con almeno cento persone a bordo.
All’appello mancherebbero, dunque, i tre quarti dei migranti.
Dove sono approdati? Che fine hanno fatto?
Domande alle quali sperano di dare una risposta certa i marinai della Guardia costiera atteso che qualsiasi imbarcazione, fosse anche una squallida bagnarola, non può sparire nel nulla in un mare che non è, per vastità, l’oceano