Nel Regno di Itacari, Mastro Lindo II, si supera e illumina a giorno il suo “Regno” per non pagare i debiti dell’Enel


Ogni riferimento a fatti, circostanze o persone è puramente casuale



Itacari - C’era una volta ad Itacari Mastro Lindo II, sovrano tanto illuminato che aveva deciso di eliminare i lampioni del regno.
“Che ce ne facciamo della luce se ci sono io che splendo più del sole?”, disse a chi si lamentava di questo provvedimento.
Così, tutte le notti si piazzava sulla cupola della Cattedrale ed illuminava a giorno tutto il regno.
A Itacari non c’era più il buio, ma i galli non cantavano più e perfino le abitudini dei sudditi erano cambiate radicalmente.
Non si diceva più “buonasera” o “buonanotte”; era stata abolita la colazione del mattino; erano sparite le stelle e la luna, e le coppiette non potevano appartarsi per fare l’amore.
Insomma, la magia delle tenebre era svanita e covava il rimpianto.
Solo l’Enel era felice perché almeno Mastro Lindo II, che non pagava le bollette da anni, avrebbe col tempo saldato il debito, magari in 350 anni, ma l’avrebbe saldato.
Gli itacariesi, dopo un iniziale momento di euforia, cominciarono a borbottare.
Non si vedevano svolazzare i pipistrelli; i fornai non lavoravano di notte ed i ladri erano più incazzati che mai, tanto che decisero di buttarsi in politica, per non perdere l’abitudine al furto.
Insomma, la situazione era difficile.
Allora, su suggerimento del Principe, ed all’insaputa di Mastro Lindo II, si riunì il Gran Consiglio: Capitan Ventosa; Fantasmino; Permaflex e Celeste Nostalgia.
All’unanimità decisero che era ora di smetterla con questa storia dell’illuminazione, così quello stesso giorno che Mastro Lindo II saliva sulla cupola, si appostarono in un anfratto e, coperto l’illuminato con un pesante lenzuolo, lo legarono per rinchiuderlo nel torrione degli Spinelli.
Ritornarono il giorno e la notte e, finalmente, i sudditi poterono riorganizzarsi la vita.
Il Gran Consiglio, attraverso l’Usignolo, comunicò che Mastro Lindo II era stato rapito da quattro lestofanti contrari al Re, ma che presto sarebbe stato rilasciato previo pagamento di un sostanzioso riscatto.
E aumentarono la tassa sul macinato; sull’acqua; la spazzatura; l’aria e finanche il mare: chi era sorpreso a fare il bagno doveva pagare 25 sesterzi.
Le tasse erano riscosse dal ragionier Lifegos che però, un bel giorno, fuggì nelle isole caraibiche con tutta la cassa.
Intanto Mastro Lindo II era sempre prigioniero nel torrione, dentro un sacco di iuta per non lasciare che la sua illuminazione si vedesse dall’esterno.
Una notte, una fatina bellissima sotto forma di zanzara entrò nella cella del Re: “Sire, siete vittima di un incantesimo di cui vi libererete solo se vi farete dare un bacio da Ozzir”
“Mai – urlò Mastro Lindo II – Chiedimi quello che vuoi. Sono addirittura pronto a baciare Eros Maruzzo; Ciccio Crotonese; Tom Tom e Filù”, ma Ozzir mai”.
Fu così che Mastro Lindo II rimase prigioniero 25 anni, 3 mesi, 5 giorni e 9 ore, fino a quando fu liberato dall’Usignolo grazie ad uno stratagemma.
La leggenda narra che ancora oggi, passando nei pressi del torrione quando c’è buio, si vede una sagoma umana illuminata da una luce fioca.
Stretta la foglia, larga la via, con Mastro Lindo II c’è la democrazia.

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