ILPONTE DENUNZIA: I CARIATESI E QUELLI DEL COMPRESORIO PRESI ANCORA UNA VOLTA PER I FONDELLI - LA CHIRURGIA CHIUDE I BATTENTI REGISTRIAMO ANCORA UNA VOLTA IL SILENZIO ASSOLUTO DELL’AMMINISTRAZIONE





di Pasquale Loiacono

CARIATI - Tutti pronti a recitare il “De profundis” per l’ospedale “Vittorio Cosentino” di Cariati, agonizzante da 7 anni ed ormai prossimo a tirare, come si dice brutalmente, le cuoia, dopo lustri trascorsi a rendere buona sanità ad un comprensorio vastissimo che comprende, oltre al Basso Jonio cosentino, anche i comuni della limitrofa provincia di Crotone.
Al capezzale del “grande malato” si erano avvicendati, tanto per citare una vecchia, nota canzone, “dotti, medici e sapienti”: nessuno di essi ha saputo trovare la cura, sicché, agli inutili palliativi, al paziente terminale è stata staccata la spina.
Un’eutanasia annunciata già da tempo anche dall’attuale direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, Franco Petramala, il quale, invece, proprio a Cariati, aveva dato ampie rassicurazioni: “Salverò questo presidio ospedaliero”. Fu immortalato, quel 21 maggio del 2008, mentre, contemporaneamente allo spergiuro, allargava le braccia a cerchio, in un gesto eloquente, tanto antico quanto esplicito: “Vi faccio un C… così”
E che i glutei dei cittadini fossero ormai adusi a certe operazioni, se ne è avuta la riprova il 27 gennaio scorso quando, sempre il Petramala, deliberò, con effetto immediato, l’apertura, presso il nosocomio di Cariati, di un reparto di geriatria da 20 posti: sono passati 6 mesi e di quella chimera non v’è traccia e nessuno sa che fine abbia fatto la promessa: una fanfaluca, servita cotta a puntino per placare gli animi esagitati di amministratori locali, sindacalisti, medici, infermieri e pazienti sempre più incazzati.
“Il direttore Petramala – s’infervora Matteo Cesarano, rappresentante della Cisl per gli operatori della sanità – ci ha preso sempre per il naso, ma non solo: rifiuta ogni dialogo, ogni proposta e ci nega, addirittura, le normali relazioni che intercorrono fra lavoratori e datori di lavoro. In una parola, Petramala ha deciso la soppressione dell’ospedale di Cariati, una città priva di “rappresentanze” politiche che contano e quindi fragile dal punto di vista della “resistenza”. E siccome i conti bisogna farli quadrare e rientrare dalla voragine del debito sanitario, ecco che il “Cosentino” diventa il capro espiatorio di una gestione scellerata, nonostante esso sia stato presidio insostituibile per decine di miglia di cittadini”.
Lo “sfascio” è quotidiano: al reparto di chirurgia, già chiuso da oltre un anno, sono difficoltosi finanche gli interventi in day surgery, quelli ambulatoriali, per intenderci, perché il primario, diviso tra Trebisacce e Cariati, è stato collocato in pensione dal primo luglio (ma è in atto un contenzioso) e il buon Petramala non ha pensato a sostituirlo.
In ostetricia, fiore all’occhiello di tutto il territorio, è rimasta una sola unità medica, peraltro assai apprezzata, che, onestamente, non può reggere ritmi di lavoro ai limiti del cedimento fisico e psicologico.
In radiologia (migliaia di indagini diagnostici in un anno, grazie all’abnegazione del personale) non ci si fa più.
Lo stesso dicasi per il laboratorio analisi (18 mila fra prelievi ed indagini all’anno) ove gli operatori sono reperibili addirittura 24 ore su 24.
Rimane il pronto soccorso, che d’estate scoppia, sottodimensionato per la mole di lavoro e privo di strumenti adeguati.
Meglio, allora, chiudere definitivamente, che continuare ad infierire.
O no, signor Petramala?

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