Omicidio Greco Tommaso Greco transitava lungo la “Camigliatello-Lorica”
Arcangelo Badolati COSENZA – Montagne, boschi e lupare. Tommaso Greco, 67 anni, allevatore di Cariati, è stato assassinato, ieri, poco dopo le 18, sulla strada statale 107 che collega Camigliatello a Lorica. L'uomo, che rientrava a Cariati dopo aver trascorso il pomeriggio nei terreni di cui era proprietario nella zona del lago Cecita, è stato massacrato con diverse scariche di pallettoni esplose da un fucile calibro 12. L'allevatore, incensurato, era alla guida di un fuoristrada Mitsubishi quando da una berlina un killer senza volto ha cominciato a far fuoco. Il piombo rovente della lupara ha sbriciolato il lunotto posteriore del mezzo condotto dal sessantasettenne. Greco, ha bloccato il Mitsubishi e si è dato alla fuga a piedi, forse cercando scampo tra i boschi. Il sicario l'ha inseguito e finito con una serie di colpi sparati a distanza ravvicinata sia al torace che alla bocca. Il cadavere dell'uomo, semi sfigurato, è rimasto riverso sull'asfalto della superstrada silana-crotonese. Sul sedile anteriore destro del fuoristrada la vittima ha abbandonato il suo telefonino cellulare che ha sinistramente continuato a squillare sino all'arrivo dei carabinieri. Sulla memoria elettronica c'era impresso un numero misterioso. Un numero che sembra essere l'elemento su cui avrebbero concentrato le prime indagini gl'investigatori del Reparto operativo provinciale (diretti dal maggiore Marco Riscaldati) e gli uomini della Compagnia di Rogliano (guidati dal capitano Luigi Giangregorio). Tommaso Greco era un grosso proprietario terriero e non aveva mai avuto problemi con la giustizia. Gestiva un'azienda di produzione olearia a Cariati e alcuni fondi rustici sull'altipiano silano. La sua è una famiglia non collegata ad ambienti criminali. Il figlio, Saverio, è un noto professionista e fino all'agosto del Duemila è stato vicesindaco della cittadina ionica. L'inchiesta sull'agguato è coordinata dal pubblico ministero Claudio Curreli, della Procura di Cosenza. La dinamica dell'esecuzione appare di chiaro stampo mafioso. Il delitto sembra “firmato” dalla 'ndrangheta dei boschi, responsabile negli ultimi anni di molte morti violente. Venerdì 27 ottobre del 2000, con identica “tecnica” criminale, vennero ammazzati, a meno di un chilometro di distanza dal luogo dell'agguato consumato ieri sera, Francesco Tallarico, 61 anni, allevatore di San Giovanni in Fiore e il nipote, Francesco Madio, appena quindicenne. In azione sicari armati di fucili caricati a pallettoni. Il 12 maggio del '99, sempre nella stessa zona, furono gravemente feriti a colpi di lupara altri due imprenditori agricoli sangiovannesi, Vittorio Schipani, di 58 anni, e Antonia Costante, di 49. La Sila come l'Aspromonte: stessa ferocia, identiche armi. Il 13 agosto del '98, sulle montagne di Trepidò, a pochi passi dal lago Ampollino, fu trucidato un allevatore di Crotonei, Giuseppe Angotti, di 47 anni. Nel '93 la lupara fece altre due vittime: nella zona di Lorica cadde fulminato dai pallettoni, Mario Carvelli, 43 anni, imprenditore agricolo di Cotronei e pochi mesi dopo, nell'area silana ricadente in territorio di Crotone fu massacrato un altro allevatore Fausto Musacchio, 50 anni, sempre di Crotonei. La brutale violenza esplosa sulle montagne che dominano la Calabria settentrionale, lascia pensare all'esistenza di sotterranei interessi. Di affari che fanno gola ai “padrini” della criminalità organizzata. Affari legati al possesso di latifondi, alla commercializzazione del bestiame e allo sfruttamento delle risorse locali. Un quadro fosco, ormai emerso in tutta la sua inquietante drammaticità.