“LO IONIO, MARE A RISCHIO” IL PONTE LO SCRIVEVA GIA’ NEL GENNAIO DEL 1996 GRAZIE AD UN SERVIZIO DEL NOSTRO DIRETTORE LEONARDO RIZZO - FAUSTO SERO:”LA MIA PREOCCUPAZIONE DI ALLORA SI E’ RIVELATA FONDATA .





CARIATI – Gennaio 1996. Sul numero 1, anno III, del periodico locale di informazione “Il Ponte”, in prima pagina campeggiava una notizia inquietante: “Lo Jonio, mare a rischio”.
Il servizio, a firma del giornalista Leonardo Rizzo, riportava il resoconto di un convegno dal tema, adesso attualissimo, sul “Disinquinamento delle coste”.
L’incontro era stato organizzato dalla sezione del defunto Pds (Partito democratico della sinistra) il 20 gennaio di quell’anno, ed è proprio il segretario politico del tempo, Fausto Sero, ad esprimere profonda preoccupazione: “Qui tutti sono a conoscenza di fusti pieni di rifiuti tossici e nocivi portati a riva dalle mareggiate o issati a bordo dai pescherecci durante le battute di pesca. Su diversi quotidiani e settimanali si è parlato di scorie radioattive scaricate da navi pirata sui fondali antistanti le nostre coste”, sicché nel territorio “sono in aumento malattie allergiche, dell’apparato respiratorio e gastroenterico, tumori e leucemie”.
A distanza di 15 anni, l’argomento, divenuto tristemente noto per i fatti di Cetraro, si ripropone in tutta la sua complessità, ma non sembra il caso di scatenare allarmi, quanto piuttosto d’iniziare un monitoraggio serio e costante di tutto il mare calabrese al fine di fugare ogni dubbio.
Abbiamo rintracciato Fausto Sero, medico odontoiatra, che rammenta benissimo quegli anni e quel convegno in particolare: “La preoccupazione che espressi si è rivelata, alla luce dei recenti accadimenti sul Tirreno, purtroppo fondata. Urge un controllo capillare, anche se sono convinto, a questo punto, che il mare è sostanzialmente pulito e che soprattutto i prodotti ittici sono sani. Consiglio a chi consuma pesce, quello dei nostri mari, di continuare a farlo in tutta tranquillità, perché non ha senso boicottare il lavoro di tante famiglie di pescatori se prima non si hanno certezze”.
Anche il collega Rizzo rammenta benissimo quel periodo: “Ricordo che erano frequenti certi ritrovamenti casuali ma, in tutta buona fede, i pescatori quando tirano su le reti ributtano a mare tutto ciò che non è pesce, e qualcuno di loro, al rientro sulla terraferma raccontava di questi strani contenitori di cui, in verità, non si è mai accertato il contenuto anche perché, come ci riferivano all’epoca, si trattava di fusti chiusi ermeticamente e senza alcuna indicazione”.
Il Rizzo fa di più, e ci consegna un paio di foto che scattò nel 1996 sulle spiagge cariatesi.
Una ritrae un fusto anonimo; l’altra un sacco, presumibilmente di iuta, con scritte in francese: si tratta di fosfato e potassio, assolutamente non nocivo (ce lo ha confermato il dottor Michele Liguori, chimico, che in provincia è uno dei massimi esperto della materia) prodotto in un stabilimento tunisino, stoccato in Algeria e diretto chissà dove.
La composizione è quella tipica per la produzione di detersivi o di concime.
Come questi involucri siano giunti sulla battigia, resta un mistero.

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