CARIATI – CONTINUA AD ANDARE IN SCENA LA COMMEDIA: “CHE FINE HA FATTO IL CINEMA TEATRO?” STORIA DI UN OPERA PUBBLICA CHE E’ SERVITA PER UNO SPOT ELETTORALE – INTERROGAZIONE DEL CONSIGLIERE MARIO SERO (PD)
CARIATI – Che fine ha fatto il Cinema Teatro, la “fabbrica” dei sogni di tutto il territorio?
Lo chiede il capogruppo consiliare del Partito democratico in una interrogazione presentata al sindaco.
Ma rinfreschiamoci la memoria.
Inaugurato il 24 maggio (una data che rimarrà impressa, al pari della “Canzone del Piave”, nell’immaginario collettivo dei cariatesi) avrebbe dovuto rappresentare, finalmente, il riscatto culturale di una terra avara e splendida perché, come scrive per l’occasione il grande Peppe Voltarelli in un messaggio al sindaco, “aprire un Cinema Teatro è un’operazione di grande coraggio civile. Farlo in Calabria assume un significato simbolico e pratico di notevole spessore culturale e politico, per offrire un immaginario diverso, creativo, positivo e dinamico alla gente che ha scelto di vivere in quaggiù. Con dignità ed amore per questa terra”.
La “visione onirica”, redatta dagli architetti Bruno e Russo, si concretizza già nel lontano 1983 quando l’esecutivo dell’epoca ottiene settecento milioni delle vecchie lire dal gruppo Montedison in cambio dello sfruttamento di due giacimenti metaniferi in contrada Santa Maria.
La somma non è sufficiente e tra le “normali” beghe di potere, i “cambi della guardia”, gli improvvisi ribaltoni nei vertici del governo locale, le accuse più o meno credibili di presunte incapacità gestionali, dopo 26 anni ecco partorito, grazie all’impegno dell’esecutivo civico, il “tempio della cultura”
Pur sgraziata nella forma, la struttura polivalente, costata, solo per l’ultimazione, 460 mila Euro, dispone di 575 posti distinti fra platea e galleria, 6 camerini, un palcoscenico di ultima generazione, impianto acustico, luci, mixer, video proiettori e tutto quanto abbisogna alla “finzione” scenica, poltroncine, drappi e tendaggi rossi: il colpo d’occhio è decisamente mozzafiato.
Esulta l’assessore alla cultura, Cataldo Perri, egli stesso stimato musicista: “Finalmente i nostri artisti non dovranno più “emigrare” per far conoscere il proprio talento, costretti come erano ad esibirsi fuori Cariati. Già da domani la struttura sarà a disposizione di chiunque ne faccia richiesta, giacché il taglio che vogliamo dare al Teatro è quello pubblico, convinti come siamo che l’arte non deve essere necessariamente una fonte di guadagno, ma un diritto per tutti. Quindi rifuggiamo la logica del privato il quale pensa solo al realizzo, ed aspiriamo alla massima qualità”.
Intanto, assicura Perri, è certo che la stagione teatrale del prossimo anno, la prima della storia, sarà inserita nel circuito dei teatri calabresi: “È un fatto estremamente positivo che ci permetterà di abbattere notevolmente i costi e ricavare, di contro, notevoli benefici ed altissima qualità. Resta comunque inteso che questo palcoscenico deve essere la vetrina dei nostri artisti connessa agli sforzi, culturali, che stiamo facendo per far passare l’idea della legalità”.
Parole, perché del teatro da amare e rispettare (“Trattiamolo come la chiesa della ragione e delle passioni”, il copyright è sempre di Perri) non v’è traccia e sembra essere destinato ad un nuovo abbandono.
Tranne un paio di saggi di alcune scuole locali, la rappresentazione di un bel “Don Chisciotte”, curata dagli allievi dell’Ipsia, ed un consiglio comunale congiunto, della promessa stagione teatrale non v’è traccia.
Il casermone è lì, mesto, desolatamente solo, come un gigante addormentato.
“Benvenuti nel luogo dell’anima e delle emozioni”, aveva salutato Perri il gran mare di gente accorsa quel 24 maggio.
Che il Teatro sia il luogo dell’anima non v’è dubbio, ma emozioni, ancora, e speriamo per poco, non ne ha suscitate.